Un mio post è stato nominato finalista ai Macchianera Internet Awards 2016, nella categoria “Miglior Articolo”.
Non lo sapevo, da buon torinese schivo non lo avevo candidato da nessuna parte e sapere che qualcuno lo ha votato per farlo arrivare in finale un po’ mi ha sorpreso.
Il post è “Il reparto degli uomini rotti: storia degli ultimi 15 mesi accanto a mia mamma“, cioè quello in cui parlo del periodo in cui ho assistito mia madre negli ultimi giorni della sua vita, alle prese con una malattia terminale.
In situazioni come questa non so bene cosa fare.
Da un lato mi rendo conto che un post simile, con un tema così personale e doloroso forse non meriterebbe tanta ribalta.
Dall’altro vedo che quel post continua a essere molto letto e, credo complici anche il suo racconto televisivo e il Premio Treccani, nel corso di 9 mesi ha fatto sì che mi scrivessero più di 1700 persone, quasi tutte desiderose di raccontare il proprio “cancer movie” presente, passato o futuro, chi da protagonista, chi da spettatore.
Non mi aspettavo una reazione così, che tra l’altro prosegue tuttora. Purtroppo le persone che sono costrette a googlare “genitore con un tumore” sono ancora tantissime e spesso finiscono qui sopra e cercano conforto, sfogo, aiuto, conferme. È un post che nessuno vorrebbe leggere per necessità (meno che mai per diletto) e che è stato scritto prevalentemente come razionale sfogo personale.
Rispondo a tutti e il tema non si risolve con una mail del tipo “ok, ciao!” (ragione per cui ho una coda mostruosa di messaggi a cui rispondere; se mi avete scritto e non vi ho filato, scusatemi: prima o poi arrivo alla vostra mail). Ogni volta riaprire la cartellina del dolore mi pesa un po’, ma confesso che in pieno cancer movie mi avrebbe sollevato trovare qualche compagno di disgrazie con cui parlare, anche se non aveva niente di particolarmente illuminante da dirmi. E le persone con cui mi scrivo spesso mi dicono che trovano un po’ di conforto- roba piccola, eh – nelle parole che condividiamo.
Ecco, forse per questa ragione – e solo per questa – il post meriterebbe di girare e di essere letto: il post non è più “mio”, ma è qualcosa a disposizione di chi passa di qui e condivide una sventura.
Non sapendo cosa scegliere, essendo sospeso tra il desiderio di andare oltre e quello di non smettere di provare a fare qualcosa contro una “cosa brutta”, lascio a voi il giudizio.
Se volete, su Macchianera c’è il form online per votare i vostri preferiti in tutte le categorie (inclusa la psichedelica categoria “Miglior Chef”).
Ci si vede alla Festa della Rete, come ogni anno.