Dev’essere dura la vita dei professionisti dell’antirenzismo come Civati, Fassina e Vendola.

Riescono a essere perennemente sbugiardati dalla realtà, smentiti dai fatti, umiliati dai loro stessi eroi e miti. Spesso a caldo, come in questi giorni.

Questa è una cronaca sommaria degli ultimi mesi di rumore politico. Immaginatela come una sequenza di immagini veloci a cui fa seguito uno slow motion sugli eventi impietosi degli ultimi giorni.

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Lo scenario è quello di una commedia grottesca: una minoranza rumorosissima qui in Italia contesta il governo di larghe intese di Renzi (pur avendo fatto, nel caso di Fassina, il viceministro in governo di intese ancora più larghe e imbarazzanti insieme a Berlusconi, quando era presidente del Consiglio Enrico Letta) e specula sul fatto che il governo cerchi – come è normale e democratico – l’accordo sulle regole comuni (la legge elettorale, le riforme istituzionali) con le opposizioni, per quanto brutte queste possano essere.

 

Fanno gli schifati, chiamano “alleanza” una dolorosa necessità (perché il PD non ha i numeri con governare e, vista l’indisponibilità dei grillini, non restano che potenziali alleati di destra) e in alcuni casi invocano le elezioni, pur sapendo che il voto col Porcellum (edit: col propozionale puro voluto dalla Consulta) produrrebbe lo stesso scenario in cui nessuno ha i numeri per governare (e nel mentre si oppongono in tutti i modi ai tentativi di dare all’Italia una legge elettorale che stabilisca inesorabilmente un vincitore).

 

Per mesi si esaltano per il modello greco, cioè una sinistra super-assistenzialista e anti-austerità, che promette di non rispettare i patti e i debiti con l’Europa (e di usarne i fondi, sperando che non si offenda).
Per le Europee fondano addirittura una lista a nome del suo leader, che però sta allo Tsipras originale come Little Tony stava a Elvis. E la infarciscono di vecchie cariatidi della gauche caviar, rottami di Lotta Continua, gente dei salotti romani con servitù al seguito, ecc. Pura sinistra di lotta e di terrazzo. Risultato: un misero 4% rimediato con le unghie e con i denti.

 

Non contenti, si producono in un umiliante episodio in cui una delle suddette “grandi firme” della lista tradisce la promessa di ritirarsi una volta eletta per far spazio a un politico giovane. E per questo si sfanculano tra loro.
Vanno male alle elezioni, tradiscono gli impegni presi con gli elettori e litigano al primo momento utile: il ritratto perfetto della sinistra italiana pre-Renzi.

 

I loro propositi di riscatto risiedono tutti nella Grecia, in ossequio a un’esterofilia che da sempre caratterizza certa sinistra nostrana e che non ci ha impedito di prendere sonore e ripetute mazzate elettorali tutte le volte che ci siamo entusiasmati per le vittorie di Jospin o Zapatero, sperando che la loro onda lunga arrivasse sulle nostre sponde.
La vittoria di Tsipras, a loro detta, può costituire un modello di sinistra alternativa possibile, il riscatto dei duri e puri contro il “mostro” Renzi che fa le larghe intese col centrodestra e preferisce le riforme alle velleità identitarie.

 

Alcuni di loro – i civatiani e alcuni bersaniani irriducibili – sono arrivati al punto di partecipare entusiasticamente a Human Factor, cioè un evento di SEL dal nome orribile, proprio nei giorni prima delle elezioni greche. E hanno parlato malissimo del loro stesso partito e del governo che esprime, con toni da oppositori, talvolta da nemici. Tutti uniti nel nome della “sinistra doc” che combatte l’Euro.
Altro che Renzi con le sue larghe intese! Qui si esercita ai più alti livelli il mito della purezza ben raccontato da Francesco Piccolo e che da sempre pare essere la vera ossessione della sinistra nostrana, i cui sforzi sembrano tesi più alla perfezione dell’autorappresentazione che al cambiare il mondo in meglio.

Sono bastate 24 ore e si è palesata la crudele verità. L’ennesima che smentisce coi fatti i miti, le illusioni e le aspirazioni infantili di quella sinistra che non si rassegna a uscire dal proprio guscio identitario.

Sì, perché Tsipras col suo partito non ha conquistato la maggioranza assoluta per un paio di seggi e non ha avuto problemi ad allearsi istantaneamente con un partitino della destra nazionalista greca dura e pura per ottenere la maggioranza e governare.

In questo, Italia e Grecia scontano due plutarchiane vite parallele, seppure diverse per molti aspetti: entrambi i paesi hanno una legge elettorale che non garantisce un vincitore sicuro e in entrambi i paesi la sinistra si è vista costretta ad allearsi, seppure da posizioni di forza, con partiti di (centro)destra per poter governare, visto che le alleanze con altri partiti erano impraticabili.

 

Personalmente non mi scandalizzo: sono contento della vittoria di Tsipras e penso che la sua scelta di allearsi con la destra riveli un leader decisamente più pragmatico che ideologico.
Non vorrei, però, essere nei panni di Fassina, Civati, Vendola e dei loro supporter, ora che il loro beniamino si è comportato, dal punto di vista delle alleanze, proprio come Renzi (peraltro alleandosi con una destra decisamente peggiore di quella mozzarella di Alfano), facendo l’esatto contrario di quello di cui si bullavano.

 

Da strenuo ottimista, cerco di guardare il lato positivo della questione: forse questa è la volta buona che la parte immatura della sinistra capirà un concetto adulto: non si può avere sempre tutto nei modi che piacciono a noi e spesso è necessario fare compromessi.

Lo so che è un’affermazione ovvia, ma per alcuni della sinistra “tutto e subito” è un tabù, anzi è un’imposizione inaccettabile.

 

Nelle prossime ore assisteremo allo spettacolo imbarazzante di chi, constatata l’identità di azione tra Tsipras e Renzi, dovrà riposizionarsi per non perdere l’allure barricadera e alternativa e non rimangiarsi quanto urlato negli ultimi mesi.
Qualcuno terrà duro nonostante tutto e smentendo se stesso senza problemi.
In questo, la pervicacia di Gillioli che dice “ok, Tsipras si è alleato con la destra ma non vuole dire niente: lasciatelo governare” ispira tenerezza, così come la sua capacità – lo dico con affetto e stimando la persona, beninteso – di non azzeccare una scelta politica che sia una, da Ingroia in giù. fino a Barbara Spinelli.

Qualcun altro cercherà di produrre qualche attenuante o qualche ingenua speranza (la più in voga è “sì, ora è alleato con la destra, ma vedrai che presto la molla per allearsi con To Potami, che è di sinistra”), altri la butteranno sul “sì, ma qui è peggio”, sapendo di mentire.
Su questo è notevole, per comicità, la linea che molti civatiani paiono aver concordato. Dicono “sì, Tsipras si è alleato con la destra, ma è una destra anti austerity”. Tutto vero: quindi se domani Renzi si allea con la Lega di Salvini (che è destra anti austerity) non avranno nulla da obiettare?

Altri ancora – la maggioranza – faranno finta di niente e andranno alla ricerca del prossimo salvatore straniero che un bel giorno arriverà qui a risollevare le sorti della sinistra italiana.

Alla fine il problema è sempre questo: c’è una (piccola, sempre più piccola) parte di sinistra che, al di là delle più o meno ragionevoli critiche che si possono muovere (e che è giusto muovere) al governo Renzi, non si rassegna all’idea che i tempi, i modi, i linguaggi della politica in generale e della sinistra in particolare siano cambiati.

E in assenza di leader credibili, autorevoli e capaci di una proposta politica che vada al di là della conservatorismo assistenzialista e dell’antirenzismo identitario, quel pezzettino di sinistra lì guarda oltreconfine, alla ricerca di un senso che non c’è più.
Cercano l’interprete di un’identità e non capiscono che l’identità politica nel 2015 è fatta di sostanza, cioè di cose fatte. E non di posizioni prese. Cercano (anzi, ora possiamo dire agevolmente che sognano) un salvatore straniero. Sono disposti a vivere nell’illusione piuttosto che mettersi in discussione e cambiare.

Un giorno, con comodo, capiranno che la sinistra del “noi siamo” (anzi, del “noi non siamo”) perderà sempre contro la sinistra del “noi abbiamo fatto”. E – cosa più grave – perderà l’occasione di cambiare le cose in meglio. Che è il motivo per cui siamo di sinistra, credo.

8 comments

  1. che poi, io enrico sola non lo conosco di persona, ma ne conosco qualcuno come lui.

    erano quelli che quindici, dieci, anche cinque anni fa, non potevano più di berlusconi.
    disgustati dai suoi contenuti (si fa per dire) ma anche, se non soprattutto, dal suo stile (si fa sempre per dire), dal suo modo di esprimersi, dalla sua beceraggine, maleducazione, disonestà congenita e connaturata.

    per questo, quelli come sola non ne potevano più nemmeno di d’alema, di bersani, degli ex ds – anche se magari li avevano votati per anni, anche se addirittura avevano la tessera – perchè quella classe dirigente lì a berlusconi gli aveva spianato la strada.
    tremebonda, inadeguata, da far cadere le braccia quando non, talvolta, direttamente connivente.
    avevano ragione su tutta la linea, a non poterne più

    quello che non capisco, il punto dove mi perdo, è come mai, partendo da questa giusta premessa, si siano poi buttati su uno come renzi…

  2. Jacopo quoto tutto, grandissimo!
    Enrico è stato una delle tante fonti che nei primi anni 2000 (quando i blog erano aggiornati più spesso di oggi) che mi ha fatto aprire gli occhi su quella becera figura di Berlusconi.
    Oggi mi rendo tristemente conto che la stessa capacità di analisi obiettiva Enrico non è in gradi di esprimerla.
    Come dici giustamente è un credente e crede per fede. Dispiace vedere una tale intelligenza così sprecata.

  3. chi lo sa, se civati, fassina e co. sono “professionisti dell’antirenzismo”.
    sinceramente, frega anche poco.

    piuttosto, quello che si legge qui è lo scritto, l’ennesimo, uguale a tutti gli altri, di un “professionista del renzismo”.

    c’è un po’ di tutto, qui dentro.

    ci sono insulti e sfottò più o meno velati a una minoranza interna colpevole di fare la minoranza – peraltro piuttosto male in verità: quando i renziani erano all’opposizione di bersani, picchiavano molto più duro sulla segreteria dell’epoca, e non ricordo che venisse loro risposto con questa violenza sistematica e strafottente.

    c’è il parallelismo “tsipras fa il governo con anel come renzi che governa con alfano e berlusconi”.
    totalmente sbagliato.
    in italia la possibilità di fare altro c’era: si poteva votare ad esempio un presidente della repubblica diverso (l’ideale era rodotà, ma anche prodi, invece impallinato un po’ da tutte le correnti del suo partito COMPRESI I RENZIANI): così che i grillini avrebbero fatto una grossa fatica poi a starsene fuori.
    è chiaro che le colpe di quella stagione ricadono su bersani – allora era lui il segretario – ma non erano certo i renzi boys quelli che sostenevano la necessità di una sterzata a sinistra e soprattutto di chiudere definitivamente i conti con berlusconi.

    oggi infatti renzi ha riesumato berlusconi, gli ha dato quel che vuole un po’ in tutti i campi: lo ha portato dalla sua parte offrendogli cose che ovviamente non può venirci a dire (diamo retta a verdini: “lo abbiamo fatto per l’italia”).
    persino in politica economica (cui a berlusca non è mai fregato nulla) ha superato i peggiori tentativi berlusconiani, abolendo, di fatto, lo statuto dei lavoratori.

    questo è quello che “avete fatto” – come se il “fare” (peramareperdurare) fosse di per sè indice di una positiva azione di governo).
    niente di più.
    non certamente in europa, dove al di là di qualche stinto e quasi marcio slogan da terza elementare renzi non è andato, nè sicuramente ha fatto in modo di modificare la linea politica voluta dalla merkel e dalla bundesbank; del contrario sono convinti solo i pasdaran più incalliti, dei quali sola è autorevole e volitivo elemento.

    infine il post, dopo aver criticato la sinistra che ama prevedere il futuro e poi prende puntualmente pacche sui denti, si concede esso stesso una previsione.
    “identità di azione tra Tsipras e Renzi”, dice. ma de che? su quali basi? basta leggere i due programmi economici, o meglio, il programma economico di tsipras e le chiacchiere di renzi, per rendersi conto della totale difformità fra le due proposte politiche e le due linee.
    e si potrebbe andare avanti ancora, pur sapendo che parlare con un credente è inutile. il credente crede per fede, altrimenti che credente sarebbe…

    p.s. con la lista tsipras, che è riuscita tra mille difficoltà a entrare in parlamento nonostante un totale ostracismo mediatico, sono stati eletti: la spinelli, che tutto è meno un politico riciclato; maltese (idem) un’esponente di rifondazione, la forenza, che ha meno anni dietro rispetto agli autentici bolliti che troppo spesso pascolano da quelle parti; e se la spinelli avesse rinunciato, sarebbe passato furfaro, che a me non piace molto, ma che tuttavia non è – nemmeno lui – un vecchio rottame (quelli, a partire dal fututo possibile governatore della campania, li sta accogliendo fra le sue braccia il pd made in renzi)…

  4. “noi abbiamo fatto””: il problema sta tutto lì. se quello che si fa, alleati o no, è neoliberista oppure di sinistra. vedremo se anche tsipras sarà neoliberista come il pd o se terrà fede al suo programma di sinistra.
    perché il problema non sono le alleanze, sono i contenuti.

  5. Io consiglierei ai civatiani e a sel di allearsi alle prossime elezioni con il Re di Hokuto: è uno che ha una visione globale.

  6. Aggiungo un elemento.
    Il fatto che ci siano volute meno di ventiquattro ore per annunciare l’alleanza implica che l’accordo tra le parti c’era già PRIMA delle elezioni. Probabilmente avevano ipotizzato vari scenari possibili (uno per tutti: se Tsipras piglia la maggioranza assoluta niente alleanze), ma non si chiude una trattativa del genere in un giorno. E questo dal mio punto di vista è un’altra nota a favore del leader greco perché dimostra come si fosse posto davvero l’obiettivo concreto di governare.
    Ecco, anche qui vorrei sentire qualche parola in più da quelli che “le manovre di palazzo”, “gli inciuci”,”la distanza tra i poteri e la gente” etc etc

  7. trovo molto provinciale e piuttosto insulsa questa tendenza di commentare fatti internazionali riducendoli al dibattito politico italiano.
    per dire, almeno sui social network e sui blog tra ieri e oggi i commenti non son stati sulle possibili conseguenze di politica europea o sulle alternative economiche in grecia, no. sono sul fatto che siccome contestate l’italicum allora non dovreste gioire per la vittoria di tsipras oppure sul fatto che ha votato il 55% dovreste, per coerenza, dire che è una sconfitta per la democrazia. oppure, ancora, che siccome ha vinto tsipras è evidente che si può vincere guardando a sinistra e non necessariamente al centro, cari renziani stavolta l’avete presa in quel posto. alt, fermi tutti: siccome non ha la maggioranza assoluta e si allea con l’estrema destra allora ora vi voglio vedere voi che siete contro le larghe intese cosa dite vendoliani e civatiani del piffero, ah ah ah!
    sono sufficientemente vecchio per ricordare l’epoca in cui si parlava di “ulivo mondiale” e sembrava che il nuovo ordine mondiale della sinistra della via lattea dipendesse dall’accordo tra bertinotti e arturo parisi.

  8. Beh no, una differenza tra il caso Italiano e quello Greco c’è: in Italia il PD, dopo il rifiuto del M5S, si è visto obbligato ad un’alleanza e a un governo con la destra, in Grecia Tsipras HA SCELTO di allearsi con la destra, quasi estrema, di ANEL piuttosto che con il centro-sinistra di To Potami andando a formare una coalizione che, tolto lo scontro duro contro l’UE e l’austerity, non ha nessun punto in comune con tesi e proposte agli antipodi. Tsipras ha scelto questo piuttosto che un alleanza con To Potami, forse un po più morbida sullo scontro con la Troika, ma con molti più punti in comune dal punto di vista programmatico e su come governare la Grecia insieme. Ed è bene tenerlo a mente questo.

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