No, la Valle di Susa non è la “vostra terra”. E’ il posto in cui abitate. E no, non siete legittimati a esprimervi sulle sorti di un’opera internazionale che passerà di lì più di quanto lo sia io o qualsiasi altro italiano.

Ai (pochi, fortunatamente) fautori di un referendum sulla TAV andrebbe spiegato un concetto semplice ma importante come quello di sovranità. Siamo uno Stato, cioè una cosa collettiva in cui – per dirla con il compagno Spock –  le necessità e le volontà dei tanti prevalgono su quelle di pochi o di uno solo. E le soluzioni a queste necessità/volontà si esercitano attraverso i vari gradi di amministrazione, che hanno portata “geografica” diversa: mondiale, europea, nazionale, regionale, provinciale, comunale, ecc. Nulla di incomprensibile per chi abbia fatto un po’ di insiemistica alle elementari.

E se lo Stato (cioè tutti i cittadini d’Italia) decide che una certa opera va costruita in un certo luogo, non c’è referendum locale che tenga. Perché l’opera è di interesse nazionale (anzi, in questo caso europea). E la sua costruzione o non costruzione può cambiare le vite di chi sta a Bussoleno come di chi sta a Pizzo Calabro o a Kiev. La TAV è un treno e non un campo sportivo. Chiaro, no?

Lo scenario per cui a Milano sono stati fatti alcuni referendum consultivi riguardanti il territorio è diverso: lì i cittadini erano chiamati a esprimersi su temi strettamente legati alla città e di competenza esclusiva del Comune di Milano. Qui si tratta di un progetto europeo che va da Kiev al Portogallo. Ed è un progetto su cui dovrebbero transitare persone e cose da mezza europa. Quindi non azzardiamo paragoni sbagliati.

Quindi no, il referendum in Valsusa sarebbe sbagliato, oltre che inutile. E stabilirebbe un precedente pericolosissimo (che sarebbe il trionfo del leghismo, inteso come pratica e ideologia iperlocalistica): dare precedenza agli interessi locali rispetto a quelli più grandi.

Il problema è che si perderebbe, in piccolo, il senso della misura. Mi spiego con un esempio nemmeno troppo fantasioso. Facciamo che siamo così sventurati da fare un referendum in Valsusa. Ci sarebbero già i primi problemi a definire cos’è la Valsusa, quali sono i cittadini interessati dall’opera e abilitati a votare (peraltro se si fa un lungo tunnel sotto una montagna, magari vorrebbero esprimersi sull’opera pure quelli che abitano nella valle contigua). Ma facciamo che si superano.
Poi succede che vincono i sì: l’opera ha il consenso della valle. Di sicuro salterebbero su i cittadini della bassa valle a dire che loro sono più legittimati a decidere rispetto ai cittadini dell’alta valle, dove la TAV non avrebbe grandi effetti.
Quindi, visto che piace il principio localista, toccherebbe fare un referendum limitato ai cittadini della bassa valle. Si fa e magari ri-vince il sì. Finirebbe che i cittadini del versante della bassa valle interessata dall’opera si sentirebbero più legittimati a decidere rispetto a quelli della bassa valle che stanno dall’altra parte o più distanti. E vai con un altro referendum. In cui magari vincono i sì, ma i cittadini sul versante dell’opera coi terreni espropriati si sentono più legittimati a decidere rispetto a quelli non espropriati. E allora si fa un altro referendum, facendo votare sempre meno gente.
E così via, fino a quando ognuno sarà titolare e principe del metro quadro che calpesta.

Il problema di scala dell’applicazione della sovranità è attualissimo, soprattutto in un’epoca in cui le decisioni importanti superano la dimensione nazionale. Cedere a tentazioni leghiste (questa è la vera natura, magari inconsapevole, del movimento notav fin dalle sue origini, dimenticando i plugin antagonisti/violenti aggiuntisi in seguito), magari non accorgendosene, è un rischio enorme per questo paese in cui i principi forti sono spesso offuscati, opachi, non definiti.
Non va fatto, così come non va fatta una pausa di ripensamento della TAV, perché la TAV non è in Valsusa. La TAV è in Europa. E va fatta il meglio possibile, ascoltando ovviamente le istanze costruttive (cioè ***come*** farla meglio; se farla o no è già stato deciso altrove, rispondendo a interessi di un numero più grande e ugualmente interessato di cittadini sovrani) di chi risiede nelle zone in cui passeranno i treni.

Purtroppo per le menti di certa sinistra poetico/vanitosa (vendoliana), per fortuna minoritaria e in via d’estinzione, l’immagine autogenerata facile-facile del povero contadino che lotta per la sua terra contro le multinazionali è una tentazione irresistibile: vera e propria pornografia ideologica, che genera eccitazione e schieramenti a priori. E poco importa se, come nel porno, è tutto finto. Quel che conta è crederci per un po’, senza avere coscienza dei pericoli più grandi che si nascondono – per tutti – nelle pieghe di un terzomondismo nostrano in salsa antimoderna.

65 comments

  1. Indovina/indovinello: Perché non fare il Ponte di Messina?
    Disse il Pci/Ds/Pd: non facciamolo perché c’è la mafia. E perché è inutile. E perché c’è un’altro modo per andare in Sicilia che costa meno e non sciupa il territorio e non distrugge il paesaggio. E non l’hanno detto i Notav ma il partito in cui t’hanno cresciuto e dove ortodossamente hai imparato il culto della maggioranza di turno, del fare quello che dicono, del dire quello che ti fanno dire. Ma è quello che dici che è vecchio, che non so neppure quanti anni hai, ma fai dei discorsi vecchi di cinquant’anni: la politica delle grandi opere. Cemento, colate di cemento, deserti di catrame, e bucherellare le montagne. Perché? Te lo spiego, ma sant’iddio dovresti pure saperlo: per fare girare il denaro, per la storia di fare delle buche per terra, perché tutto il sistema che è saltato (perché è saltato, non funziona più) che si basa sul produci/consuma/crepa. E la grande opera è l’elemento perfetto in questa lurida alchimia che sacrifica il tempo dell’uomo e vanifica il progresso. Perché l’uomo andrebbe liberato dal lavoro, e invece il lavoro viene usato per oliare un ingranaggio che non gira più. Sai dove hanno fatto la prima mega-diga dopo quella del Vajont, in Italia? Indovina, indovinello. L’hanno costruita su una faglia sismica, su un bacino che nel tempo si è interrito, che si sta interrendo (e lo si sapeva da prima). E sai chi l’ha costruita? Gli stessi soggetti che stanno per distruggere la Val di Susa, e anche lì distrussero una valle. E anche lì c’erano le tangenti. E anche lì sono morte persone nel costruirla, schiavi del subappalto.
    Tu che sei così pseudo-hipster, perché non proponi un sistema nuovo per fare funzionare le cose (quando le cose non vanno, of course) invece che metodi di mezzo secolo fa?

  2. Capito per caso su questo blog. Peraltro ho letto su altri blogs la cronaca tragicomica del “no tav” passato in prima visione TV per aver insultato un carabiniere (ringrazi il padreterno di vivere in Italia, altrimenti l’intervista gliela facevano all’ospedale).
    Vivo in Francia dove il TGV (treno ad alta velocità ) da vent’anni permette di fare Lione-Parigi in meno di un’ora e mezza, senza aver provocato alcuna catastrofe ecologica.
    Sono testimone dei risolini ammiccanti dei francesi quando si parla dei tempi “biblici” che l’Italia sta impiegando per fare pochi chilometri di Alta Velocità perché si possa arrivare in tempi decenti fino a Lione.
    Ma quando gli italiani riusciranno a mettere il naso al di fuori del loro villaggio e a rendersi conto che son al centro dell Unione Europea solo come “espressione geografica” , e che sembra che lo facciano apposta nel volerne restare alla periferia?

  3. Mi trovo d’accordo con gli spunti di riflessione scritti da Paolo, qui sopra.
    In un’ottica di allocazione ottimale delle risorse, condizionata dalla grama situazione attuale, mi sembra inevitabile porsi delle domande circa la validità del progetto Torino-Lione.
    Chiaramente si può dire che nel lungo periodo i benefici dell’opera supereranno i costi, ma un discorso del genere ha validità per qualsiasi grande opera che intenda fornire collegamenti veloci, infrastrutture moderne, etc. Per questo motivo, sono convinto che una linea di alta velocità fra Torino e Lione sia da mettere in cantiere, ma il punto è capire se sia necessario farla adesso, oppure investire quei miliardi (2,7, o 3, o 6? Nessuno riesce a dare stime precise, al di là di ipotetici preventivi – e senza la certezza che la UE finanzi parte dell’opera) in altro modo. Se degli investimenti vanno fatti, partirei dal migliorare le situazioni sconcertanti in cui versa parte della rete ferroviaria italiana, nel Meridione specialmente.

    Il punto di vista economico è fondamentale: se passeranno decenni prima che la Torino-Lione possa dare dei netti guadagni economici, non è altrettanto vero che molte regioni d’Italia, finalmente collegate in maniera degna da un sistema ferroviario moderno, potrebbero beneficiare grandemente in termini di sviluppo e crescita di una scelta differente dalla Torino-Lione?
    Dunque, si pone il problema di dove mettere quei miliardi disponibili, nell’eventualità che una decisione escluda l’altra.

  4. E scusa il doppio invio inquinante, temo di aver fatto una cazzata.

  5. Provo a contro-argomentare
    1) qui si entra nel campo delle valutazioni personali – io credo che la politica, e il PD (all’epoca DS) in particolare, siano stati costretti a mettere in piedi l’osservatorio dalla forza delle manifestazioni del 2005, dal fatto che incombevano le olimpiadi e, più al fondo, dall’essersi resi conto che le argomentazioni pro-tav usate fino ad allora non erano in grado di reggere di fronte a critiche articolate e puntuali. In ogni caso all’osservatorio si è arrivati 15 anni dopo aver preso la decisione, e dopo almeno 10 anni in cui le ragioni degli oppositori sono state largamente ignorate. In altri termini mi sembra che la scelta del dialogo sia stata allora dettata da opportunità politica, non dalla convinzione/consapevolezza della necessità di discutere pubblicamente e in profondità dell’opera.

    2) su questo punto dissento fermamente: non è “una cosa logica” che l’analisi costi-benefici dia esito positivo, se si adotta un metodo scientifico. Messa come l’hai messa tu quell’analisi diventa un puro artificio argomentativo ex post: spiegare i perché della decisione dopo aver preso la decisione. In realtà l’analisi costi-benefici è uno strumento di aiuto alla decisione stessa: si analizzano i costi diretti (quante risorse – economiche, ambientali, sociali – sono necessarie a costruire l’infrastruttura, quante per mantenerla e gestirla) e indiretti (in questo caso i costi delle politiche indispensabili per renderla efficace, per far sì che all’offerta corrisponda una domanda adeguata), si quantificano i benefici che ne potranno risultare (di nuovo in termini economici, sociali e ambientali) e su quella base si decide se l’investimento vale la pena. Concordo con te che le variabili in gioco sono molte, e che in ogni caso si tratta di costruire scenari (il futuro è un’ipotesi, come cantava quel fesso). Però le regole della logica, del buon senso e della buona amministrazione imporrebbero che queste valutazioni fossero fatte prima di decidere, non dopo (venti anni dopo).

    3) Su questo punto si entra di nuovo sul piano delle opinioni personali. Per me il problema si pone essenzialmente in termini di priorità. Ammettiamo che la cornice nella quale si inserisce il Tav sia il sistema delle infrastrutture ferroviarie di questo paese. E ammettiamo anche che il periodo storico che stiamo vivendo sia di particolare scarsità di risorse pubbliche. Se ciò è vero decidere se fare o meno quel tunnel presuppone come minimo l’esistenza (oggi, non in un futuro più o meno lontano) di un progetto organico di rifunzionalizzazione dell’intera rete, un quadro delle politiche di supporto necessarie per farlo funzionare, un piano di investimenti di breve, medio e lungo periodo etc. Se tutte queste condizioni non si danno – e al momento è così, credo concorderai – costruire la Torino-Lione rischia fortissimamente di essere uno spreco di risorse, attuali e soprattutto future (perché mantenere in efficienza e sicurezza un tunnel di 57 chilometri costa tantissimo). Un po’ come se uno decidesse di ristrutturare casa e iniziasse investendo un sacco di soldi nella facciata, facendola decorare dal meglio artista in circolazione, senza nel frattempo preoccuparsi di far riparare i termosifoni, di tappare le perdite dell’impianto idrico, di mettere a norma l’impianto elettrico. Certo, l’affresco sulla facciata attirerebbe turisti, ma una volta entrati vedrrebbero quelle orribili muffe sulle pareti, avrebbero freddo e si prenderebbero la scossa appena messe le dita su di un interruttore.
    Insomma, più che al partito meglio-tav mi iscrivo al partito tav-forse-quando-potemo-permettercelo-e-quando-il-sistema-ferroviario-esistente-sarà-efficiente (un partito dal nome impronunciabile, lo ammetto). Ciò che mi sembra urgente sanare è la dicotomia sempre più evidente fra rete veloce, relativamente efficiente, e rete locale/lenta, in uno stato ogni giorno peggiore. Credo che uno dei motivi per cui in Francia sono relativamente più convinti del Tav sia che da loro il trasporto ferroviario locale funziona, e questa dicotomia è molto minore.
    Anche a me piacerebbe andare a Parigi in 4-5 ore, forse una volta all’anno utilizzerei quella linea. Però domani devo andare a Saluzzo, o a Domodossola, o a Biella, e mi piacerebbe poterci andare in treno, magari arrivando in orario per quella riunione alle 9 del mattino (per la cronaca, tempi di percorrenza minimi: Torino-Saluzzo 1h19, Torino-Domodossola 2h57, Torino-Biella 1h52). Temo che le due cose, alta velocità e trasporto locale degno, siano in alternativa, almeno in questa condizione di scarsità di risorse.

    Secondo me al fondo di tutta questa discussione c’è un problema tipicamente italiano di ideologizzazione eccessiva delle grandi opere. Siamo abituati a pensare allo sviluppo come a un treno la cui locomotiva sono i grandi investimenti, la concentrazione in azioni puntuali (o lineari) degli sforzi collettivi. Dal punto di vista mediatico e politico rende sempre e comunque di più una grande opera di dieci o cento piccoli interventi. La grande opera è l’icona più che visibile del “great leap forward”, del salto in avanti che ci fa essere come gli altri. E questo, paradossalmente, in un paese la cui forza economica è data dalla miriade di piccole imprese. Secondo me sarebbe utile iniziare a pensare che il progresso sia una cosa più ordinaria, anche meno appariscente, ma che interessi il sistema nel suo complesso. Far funzionare meglio quello che già c’è, dare continuità agli sforzi fatti nel passato, smetterla di ripartire ogni volta da zero, come se oggi fosse un giorno senza passato. Un po’ come per l’edilizia, dovremmo imparare a ristrutturare di più e meglio e a costruire di meno, molto di meno. Anche in ossequio ai principi della termodinamica.

    Scusa la lunghezza

  6. Scusa ma la cosa più “patetica” da parte tua, o se non gradisci la parola, più allucinante è che tu arrivi ad affermazioni del tipo “io contro la mafia non perdo (e se perdo lo faccio combattendo). e ritirarsi, come vorrebbero i notav, non è un’opzione. “….
    A sì? Non so esattamente che lavoro fai, ma a leggerti così dovresti almeno fare il giudice! Boh! ….. E la tua “cieca” (non trovo altro termine) fiducia nelle istituzioni (chiamiamole ancora così per educazione) è ancora più disarmante… Se non erro hai anche scritto un pezzo su quanto ti piaccia Monti. Sai cos’è ? Che noi saremmo tutti degli ingenui, dei retrogradi, degli idioti ecc… Ma tu sembri mio zio quando negli anni 70 votava DC e negli anni ’80 si sarebbe buttato nel fuoco per Craxi. Segno che la Storia, veramente, pare non insegnare mai una ceppa di niente (e mi scuso per aver avvicinato i termini “Storia” e “ceppa”.) Tu ti guardi un tg, una di quelle trasmissioni televisive delle balle, leggi due pagine del primo quotidiano che ti capita (o del tuo preferito) e ti fai la tua idea, prendendo tutto per oro colato. Ottimo. Sia chiaro, non è esattamente mio interesse attaccare la tua persona, diciamo che ti “uso” come metafora o come esempio (vedi tu) di una certa “italianità”, quella che si ama chiamare “progressista”, che ha la bandiera della “”democrazia”” attaccata alla lingua… Quella che quando vota (se vota) lascia tutto in mano a chi ha eletto, demanda (poi si lamenta e allora arriva il tecnico e diventiamo tutti contadini di fronte al maestro, che meritava rispetto perchè sapeva le cose… mah…). E a questo punto credo che la discussione sia più che altro sul modo di vivere, non sulla validità delle fonti. Su chi cerca di capire ed informarsi, cercando anche un’informazione “altra” e su chi si accontenta delle prime pagine… Mettiamola così, se tu non credi che l’informazione sia manipolabile ( e di solito si manipola con soldi e potere) allora la discussione può finire qui. Tanto se domani ti dicono che il petrolio non si esaurirà più, se lo dice un “tecnico”, tu ci credi. Ognuno rifletta su ciò che deve riflettere… Certo che se avessi ragione, direi che apprezzo più chi si mette in gioco, per es. quello che tu definisci un “capetto da centro sociale che sta lì da 20 anni”, che qualcuno che ad un certo punto preferiva coltivare il suo orticello e bersi tutto ciò che gli propinavano. Ciò su cui non concordo con te infatti non è la tua idea di per se, ma la “semplicità” con cui affermi certe cose, come emanazioni di un sapere esterno che ti illumina… Non so se potrai apprezzare questa metafora quasi “dantesca” 😛 E se per te Beatrice, una volta è Virano, un’altra è Monti… Spero tu non ne abbia poi da pentirti. Saluti.

  7. Paolo, grazie, sono 3 questioni molto pertinenti. Ti rispondo:

    1 – è certamente frutto delle operazioni di ascolto fatte dai responsabili della TAV, è frutto di istanze portate avanti dal territorio ed è frutto della politica (in particolare il PD, che rispetto ai bastonatori del PDL del 2005 ha sempre lavorato – tenendo ferma la volontà di fare la TAV – per migliorarla costantemente).
    Ed è quello che va fatto (perché produce risultati): lavorare per migliorare l’opera. Insomma, il movimento notav quando si trasforma in “megliotav” (cioè fa politica, dialoga, ecc.) è utile all’opera, alla cittadinanza, ecc.
    Lo riconosce perfino un notav come Ferrentino, convertitosi giustamente alla TAV, perché è vero che l’opera di ascolto è stata fatta (anche perché fino a qualche anno fa il movimento – pur con tutti i suoi limiti – era più dialogante e non intriso di squatter e violenti da fuori).

    2) no, non mi sembra strano: è una valutazione monumentale, che risente di ovvi ritardi perché nel mentre lo scenario economico è cambiato enormemente rispetto a qualche anno fa. e nel mentre – proprio perché sono avvenute le fasi di ascolto di cui al punto 1 – l’opera è cambiata. Ogni modifica sostanziale ai costi fa resettare il documento. Non starei a spaccarmi la testa sul passato, guarderei il fatto che a breve il quaderno 8 con l’analisi costi/benefici esce e sarà pubblico. ovviamente sarà positivo, perché i benefici superano i costi di gran lunga: è una cosa logica.

    3) anche questo punto è materia per il comitato “meglio-tav” che non c’è e a cui mi sono iscritto fin dal primo minuto (da cui la ragione per cui secoli fa – parlo di quando ancora si valutava tutto in lire – mi avvicinai ai notav e ne fuggi a gambe levate). Stiamo parlando di un’opera che ha vent’anni di fronte a sè. E che prevede ovvie politiche e pratiche a supporto. E la politica DEVE imporle. Anzi, sta a noi fare politica affinché l’opera abbia tutto il corollario di leggi, di culture, ecc. che la rendano perfetta per i suoi scopi.
    Parliamo di futuro, quindi le previsioni sono difficili da fare con un orizzonte di vent’anni. Però – concediamocelo a rigor di logica – l’idea di collegare in fretta Torino e Lione (e quindi Milano e Parigi, e così via) ha perfettamente senso in un Europa senza più frontiere e dogane al suo interno, con tanto di moneta unica.
    E’ per quello che mi incazzo coi notav quando li vedo uccidere in culla il movimento NOTIR (vera battaglia per cui impegnarsi), quando li sento dire “i tir in valle sono pochi” e poi lamentarsi dell’inquinamento in valle 2 righe dopo.
    La battaglia (politica) vera da fare *intorno* alla TAV e non *contro* è proprio questa: migliorarla, pretendere trasparenza, rendere accountable ogni procedura, imporre sistemi di fact-checking da parte dei cittadini (su tutta la tratta, non solo in valle), avere impegni chiari per le ricadute sul territorio (occupazione, riqualificazione, ecc.), ragionare e avere chiarezza su modalità per ripagare ai cittadini coinvolti dal cantiere il disturbo arrecato. E così via.

    La domanda “vale la pena”? ha una sola risposta: ragionevolmente sì. Anzi, direi che la TAV è una delle opere ventennali su cui è più facile percepire i probabili benefici, le ricadute, ecc. (logica, di nuovo: se mi allargo con l’alta velocità a est verso una grande città come Milano, ha senso farlo a ovest verso Lione, visto che da quel lato siamo chiusissimi).

  8. @ suzuki
    Vorrei provare a farti un paio di domande, sperando di riportare la discussione su di un piano meno rissoso.
    1) come già detto da altri, non ti sembra che il passaggio dai 20 miliardi ai (forse) 3 sia anche – se non soprattutto – un effetto prodotto dal movimento no-tav? Senza il casino del 2005-2006, senza i sindaci contrari all’opera, mi sembra di poter dire senza tema di smentite che sarebbe partito quel progetto, sotto molti punti di vista (tecnici) sbagliato/inutilmente faraonico. Forse se qualche pro-tav senza se e senza ma à la Chiamparino ammettesse questo punto il clima potrebbe essere un po’ più disteso. Magari no, ma varrebbe la pena provare, credo.

    2) non ti sembra quantomeno strano che l’analisi costi-benefici venga resa pubblica (se lo sarà, ma a questo punto non credo che Virano possa rischiare un tale sputtanamento) circa venti anni dopo la decisione di costruire questa benedetta infrastruttura? Tutta questa vicenda mi sembra un tipico caso di soluzione in cerca di un problema: dove la ferrovia è la soluzione, e gli scopi per cui farla il problema. Prima Tav, poi Tac, poi un mix, e dopo vent’anni il colpo di teatro d’ell’analisi costi-benefici – cioè una valutazione tecnica del perché è utile/indispensabile costruire la nuova linea (perché credo non ci siano dubbi sul fatto che al fondo quell’analisi dirà ciò). Forse è anche a causa di questo strano processo decisionale che così tanta gente, per quanto stupida e/o fasciocomunista, ha passato tanto tempo a opporsi.

    3) quello che tu sostieni, mi par di capire, è che l’offerta sarà in grado di creare la domanda. Io non sono un economista, però a occhio mi sembra che questa tua certezza possa anche rivelarsi un azzardo (costoso, in ogni caso). In altri termini: può darsi che tra 15 anni, quando partirà il primo treno, si riesca a riempirlo, ma può anche darsi di no. Certamente perché quel treno si riempia di merci è necessario attivare da subito politiche organiche e di lungo respiro per portare le merci dalla strada alla ferrovia, con mix di incentivi e disincentivi. Negli ultimi dieci anni, da quando si parla di alta capacità, mi pare che non sia stato fatto nulla di concreto in questa direzione. Tutto potrà cambiare, ma qualche dubbio continuo ad averlo. In ogni caso, la domanda che ti faccio (e faccio anche a me stesso, non ho certezze) è: siamo sicuri che ne valga la pena, che sia una scommessa prioritaria? Forse una seria e indipendente analisi costi-benefici fatta dieci anni fa, e aggiornata negli attuali tempi di crisi, potrebbe aiutarci a rispondere in maniera non fideistica, evitando la dicotomia progresso/conservazione che a mio avviso è parecchio fuorviante (non necessariamente ciò che è nuovo, nel senso che prima non c’era e ora c’è, è progresso).

    Mi fermo qui, sperando di non averti/vi tediato troppo

  9. Datate? Il video con l’intervista all’avvocato di LTF è del 3 marzo 2012, la foto della radiografia fatta da zucchetti con un filone di uranio in Val Clarea è di questa domenica, gli articoli sulla mafia già all’interno dell’opera sono del 25 febbraio 2012 (La Stampa) e quello di Galullo di settembre 2011.
    Continuiamo a mentire e soprattutto ad insultare, per l’utilizzo di google tra l’altro mi sembra tu sia un’esperto isn’t?

  10. vedi, la risposta “tanto c’è la mafia: non facciamo nulla” è contraria alla mia cultura.
    ed è naturalmente perdente, fatalista, conservatrice e quindi di destra.

    l’unica risposta giusta (e incidentalmente di sinistra, ché molte risposte giuste non lo sono) è “facciamo bene le cose, prevenendo e colpendo le infiltrazioni mafiose”.

    io contro la mafia non perdo (e se perdo lo faccio combattendo). e ritirarsi, come vorrebbero i notav, non è un’opzione. 🙂

    su tutto il resto, mi ripeto: non hai letto i commenti precedenti, hai linkato fonti datate, hai sollevato problemi già affrontati o ovvi (è evidente che un cantiere porta dei rischi ambientali: la soluzione non è non fare il cantiere, ma farlo bene) e così via.

    metti una scimmia di fronte a Google e si crederà una persona informata.

  11. Sola nervosetto eh?Mi chiedi di comportarmi in maniera civile, ma sei tu che insulti, bel modo di ribaltare continuamente la tavola e arrampicarsi sugli specchi. Se tu poi sei uno di sinistra, com’è che non dici una cosa di sinistra? E poi quale sinistra, quella che sta lasciando tutte le grandi città in mano a SEL E Di Pietro, tanta è la pochezza delle proposte politiche, quella che è nella grande coalizione con il PDL nel sostegno al governo tecnico?

    Mi citi la pochezza dei dati, ti ho messo per farti contento un articolo della Stampa che parlava di enormi infiltrazioni mafiose nell’affare, citando l’operazione dei CC “Minotauro”, un articolo del Sole 24ore, studi del Politecnico di Torino sull’inquinamento che porterà l’opera, l’intervista all’avvocato di LTF, tutte istituzioni o media ampiamente di parte…

  12. guardiola, vedo che ti agiti un po’ troppo. non è un problema mio, ma su questo spazio sono consentiti solo toni civili. quindi impara a comportarti. primo e ultimo avvertimento.

    ho letto le tue risposte a punti e, francamente, sono di una pochezza disarmante. conta che ho ritenuto più interessante perfino rispondere a spike, uno che scrive “sopprusi” con due “pi”, che non ai tuoi slogan e alle tue granitiche certezze.

    il fatto è che la TAV non è una questione di preparazione dei blogger perditempo (io per primo) che ne parlano, ma è un’opera che risponde a precise regole istituzionali, che è valutata da agenzie nazionali e internazionali naturalmente “terze”, che segue protocolli e accordi internazionali, che sottostà a leggi specifiche che vanno applicate e così via.

    pensare, con ingenuità grillina, che sia sempre tutto un gran complotto non aiuta sicuramente la causa della valle. ma infatti la valle è distante da quella minoranza che protesta e che – come ha dichiarato Virano – ha invitato i violenti e gli antagonisti a condurre la lotta.

    e confermo l’accusa: fascisti, mille volte fascisti. magari fascisti che mi somigliano (ché per storia personale e identità politica ho più cose in comune con un antagonista che con un carabiniere sadico), ma fascisti nel metodo, leghisti nelle premesse (ognuno decide per sè, il concetto di Stato non vale, anzi lo Stato è il nemico), stupidi negli esiti (picchiati avendo torto), autolesionisti nella capacità di isolarsi da tutti.

    non mi aspetto altro, dal movimento che a Milano, durante il suo corteo, ha imbrattato la lapide dedicate alle vittime del brigatismo e che conta tra i suoi leader (fortunatamente agli arresti) più di un brigatista, oltre che il capetto dei centri sociali (lo stesso di 20 anni fa, quando ci militavo io).

    aveva ragione quell’analista che diceva che i talebani non sanno di essere talebani; e procedono contromano in autostrada meravigliandosi di tutti quei fessi che vanno nel senso sbagliato.

    capire che è un problema di metodo, di culture politiche, di propensione al dialogo e di intelligenza strategico-politica è fondamentale. Lo Stato offre ai notav continue ritirate onorevoli, perché è l’unica cosa che è possibile fare, dopo che il movimento si è squalificato, ha smesso di rappresentare una parte della valle (sono riusciti a dare dell’infame perfino a un notav moderato come Ferrentino) e ha perso il senso dello Stato.

    la battaglia (mia e di tanti altri di sinistra) contro questo movimento di fascisti inconsapevoli è una battaglia venata di rammarico, perché il nemico è una somma di tutti i cattivi pensieri, tutte le cattive azioni e tutti gli errori politici che certa sinistra ha fatto nel suo passato.

    e la debolezza nel movimento e dei suoi ingenui militanti sta proprio nella facilità con cui viene messo in contraddizione da chi parla la loro lingua, conosce i loro modi e i loro pensieri. Sono bastati quattro blogger di sinistra in croce per sputtanare – con semplici operazioni-verità – i notav online, metterli sulla difensiva, costringerli a fare comunicati specifici, precisazioni, distinzioni, eccetera. e ora accadrà ai fiancheggiatori del movimento, a partire da vendola, grillo e altri profittatori che, da fuori, cavalcano una battaglia non loro.

    lo Stato, inteso non come le istituzioni, ma come i cittadini, è incazzato. l’avete voluta mettere sul militaresco e avete perso in ogni modo possibile, senza nemmeno passare per vittime. e la strategia del fastidio a macchia di leopardo non conquisterà consensi.
    Il fatto che i centri sociali decidano per la minoranza notav della valle è emblematico. Non avete imparato niente dai vostri errori. Ed è giusto, giustissimo, che perdiate.

    E poi toccherà a noi di sinistra fare la parte che sarebbe spettata a voi: chiedere trasparenza, vigilare sui lavori, garantire che i cittadini colpiti siano compensati, verificare costi, appalti, imprese e rendere l’opera il più possibile a misura d’uomo. Tutte cose di sinistra. Tutte cose che voi – fascisti – non avete fatto mai. Perché non vi interessano. Volete solo menare le mani.

  13. Vedo che quando la ragione non è dalla tua parte, come l’ultimo dei bambini a cui hanno tolto la merenda, parti con gli insulti, e hai anche il coraggio di dare del fascista…ma come ti permetti?

    Ti ho sbugiardato su tutti i punti che hai citato con DATI,tranne la questione amianto/uranio che è “solo” (e si badi alle virgolette) una questione dell’impatto ambientale dell’opera (basterebbe anche solo una presa visione empirica del numero di sorgenti d’acqua prosciugate dalla realizzazione dell’autostrada del Frejus), su cui devo ammettere non sono preparato, ma ecco a differenza di te ho l’umiltà per affermare che non conosco l’argomento, tu invece ti sforzi senza sosta nella pratica che ti riesce meglio: l’arrampicamento degli specchi.
    Cordialmente

  14. Vedi, il difetto dei movimenti presi dalla deriva talebana è personalizzare. Quindi se gli enti preposti alle verifiche ambientali, più la società di geologia italiana (un ente scientifico serissimo, non un singolo) dichiarano che il problema non c’è, basta attaccare chi riporta pubblicamente i dati, cioè Virano.

    Qui non si tratta di scegliere tra due verità contrapposte. La verità è una sola e la legge dice che ci sono specifiche procedure per sancirla, specifici enti per valutarla e così via. Non è così facile che basta sputtanare Virano per dire che è tutto falso.

    Quindi, o la questione dell’impatto ambientale della TAV (che è sicuramente una questione importane e che io come ecologista seguo con attenzione altissima) si segue con serietà, oppure si usa lo spauracchio ecologico (che si nutre dell’ignoranza scientifica, dell’ignoranza procedurale e della passione per le soluzioni facili da parte di chi è coinvolto da movimenti populisti) come clava anti-tutto.
    Tanto basta l’allarme (anche se assurdo, anche se i geologi italiani – mica i protav – scrivono che i notav su questo tema dicono un sacco di cazzate) e la base ci crede.

    Su tutto il resto, cioè tra le rappresaglie reciproche tra fascisti notav e fascisti in divisa, non è affar mio. E’ esattamente il livello – l’unico possibile – a cui può arrivare la questione, da quando la ragione ha abbandonato il movimento e l’interlocuzione tra la parti è fatta a mazzate.

    Il movimento notav si merita questo: ridursi al livello dei celerini e avviare politiche, pratiche, rivendicazioni e stili degni di un qualsiasi gruppo ultras. Perché ormai il movimento notav è questo: irragionevoli ultras invasati.

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