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Vita quotidiana del cittadino italiano dal 12 novembre 2011 in poi

E’ la maledizione dei multiplex.
Paghi il biglietto e pregusti  il rassicurante cinepanettone, coi cumenda lombardi epigoni del commendator Zampetti, pronti a superare il loro innato razzismo solo di fronte alla gnocca, i romani trucidoni, imbottiti di pajata e perennemente arrazzati, i meridionali (solitamente napoletani, per sineddoche) neri neri, piccoli, poveri ed escapisti ma sensibili alla femmina. E così via. Un Louvre di caricature nostrane con una costante universale: la gnocca, possibilmente circondata da disavventure scatologiche, eufemismi non troppo marcati di interiezioni anatomiche e una pennellata di omofobia da bar.

Però, nella fretta, hai sbagliato sala. E ti tocca un film di Bergman. Tre ore. In bianco e nero. Lento. Senza una sola occasione per ridere. Con poche donne, tutte vestitissime e difficilmente svestibili a mente. Prevedibile ma efficace. Ti tocca pure, a fine proiezione, dire che ti è piaciuto o rischi la brutta figura.

La notte del 12 novembre 2011, frastornati dal botto che fanno le colpe quando esplodono in tripudio per la fine dei propri errori, gli italiani hanno sbagliato sala. E si devono far piacere il film serissimo.

Aveva capito tutto Leopardi: l’illusorio sabato permanente in cui eravamo cacciati avrebbe lasciato spazio a una domenica ansiogena per i lunedì a venire.

Così, disabituati a tristezza e noia, ci siamo rassegnati a vivere per un po’ in una fastidiosa domenica sera. Tecnicamente è ancora weekend, ma la mente è già al lunedì in arrivo, ai sacrifici, alla sveglia (troppo) presto, alla prospettiva di fatiche e sacrifici imminenti.

Forse i giorni che verranno ci imporranno davvero un periodo di sangue, sudore e lacrime. Ma il sacrificio più duro sarà convivere con il senso di vuoto che proveranno i nostri istinti più bassi: svegliarsi e dare la colpa a qualcuno, vergognarsi per conto terzi, odiare categorie e stili di vita obiettivamente odiosi e noti in quanto tali (e quindi non meritevoli di esercizi d’odio ripetuti), chiamarsi fuori da turpitudini ovvie, vincere facile proclamandosi migliori di cose smaccatamente brutte e ingiuste.

Passano poche ore dalle sue dimissioni e Berlusconi già ci manca: la vita senza cattivi esempi è più dura, l’autostima senza termini di paragone di infimo livello è più difficile da conquistare, la salutare pratica dello spurgo quotidiano dell’indignazione diventa sempre più difficile da praticare.

Ovvio che l’italiano si deprime, si butta sul melenso, sul patriottico, finge imperturbabilità. Ma dentro gli suona forte e in loop “This House Is Empty Now” (o un equivalente pop italiano, per i meno sensibili/esposti al bello in musica).

Senza il mostro che tanto abbiamo voluto e amato (ecco, vedi, provo un minimo brivido di piacere ad aggiungere “non io, ovvio!”), dal 12 novembre 2011 in poi ci è molto più difficile pensarci migliori.
E ci tocca iniziare a esserlo per davvero.

11 comments

  1. non ti dispiacere, non è il caso. Nel tuo post è chiara la generalizzazione, niente di male ovviamente, solo che non mi riconosco. Ritengo che la vita che conduco sia faticosa e ritengo di non aver mai vissuto al di sopra delle mie possibilità, questo non mi risparmierà la caduta, ma quantomeno non cadrò dal pero 🙂

  2. >> Aveva capito tutto Leopardi: l’illusorio sabato permanente in cui eravamo cacciati
    >> avrebbe lasciato spazio a una domenica ansiogena per i lunedì a venire.

    Veramente lo aveva capito De André 🙂

  3. Non mi riconosco in questo post, e non rido da parecchi anni…

  4. Hai espresso con molta chiarezza il motivo per cui Berlusconi ha governato per tutto questo tempo.

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