Credo che a quest’ora abbiate letto già tutti la news sul clamoroso abboccamento dello staff di Letizia Moratti allo scherzo di Sucate.
Se non l’avete fatto, ecco la spiegazione: la Moratti, nella ricerca disperata di trovare qualche forma di consenso in più per il ballottaggio, ha aperto in fretta e furia un account Twitter, promettendo di rispondere a tutti i cittadini che avrebbero inviato domande, appelli, ecc.

L’esordio del (futuro ex, speriamo) sindaco di Milano non è stato dei migliori. A chi le faceva notare che in 5 anni di amministrazione si è ben guardata dall’aprire un canale di comunicazione diretto con i cittadini, mentre in campagna elettorale è improvvisamente diventata una paladina della comunicazione disintermediata, ha risposto “Vi ho sempre seguiti tutti. Solo non su Twitter“. Valutate voi quali risvolti leggere nella risposta, se la paraculaggine o direttamente una minacciosa pennellata di stalking.

Oggi è andata peggio. Un utente della rete con la propensione al cazzeggio creativo (Lucah, un genio) ha pensato bene di iscriversi al canale Twitter della Moratti e rivolgere al sindaco un appello dal suo fantomatico quartiere – Sucate – contro una altrettanto fantasiosa moschea abusiva di prossima costruzione nell’emblematica via Puppa.
Uno scherzo cazzone, insomma, in cui non sarebbe cascato nemmeno un bambino di terza elementare particolarmente intorpidito da ore di Playstation.

La sventurata ha risposto. E lo ha fatto sul serio, rispondendo: “Nessuna tolleranza per le moschee abusive. I luoghi di culto si potranno realizzare secondo le regole previste dal nuovo PGT“.

Risultato: sono passate alcune ore, in cui mezza rete italiana è saltata sul treno per Sucate, inventandone di cotte e di crude su questo nuovo e finora inaudito quartiere di Milano in cui ben 4000 cittadini si proclamavano scontenti. E non sono state ore di inattività: per tutto il tempo il canale Twitter della Moratti ha continuato imperterrito a sfornare aggiornamenti autocelebrativi con solerzia meneghina.

Poi, finalmente, qualche berlusconiano che passava da quelle parti se ne deve essere accorto e ha risposto, chiudendo il caso e lasciando spazio alle risate postume.

Ha senso chiedersi cosa significa, cazzeggio a parte, questo episodio. Significa una cosa banale: nello staff della Moratti non conoscono Milano. O forse la conoscono male, così come posso conoscerla io che sono da 2 anni un torinese in trasferta.
E sono pure tonti, perché è evidente che la toponomastica patria, per quanto problematica in alcuni casi limite, non prevede un’area che si possa chiamare Sucate.

Credo che questo sia un dato politico decisamente più rilevante di molti altri: tra tutti gli autori e i lettori del profilo Twitter della Moratti non c’è stata – per ore – una singola intelligenza così attenta da rendersi conto che c’era un perculamento di massa in atto. E nessuno conosceva Milano così bene da accorgersi che in vita sua non ha mai sentito parlare del borgo di Sucate e di via Puppa, zone peraltro dove il conducator della destra si sarebbe trasferito istantaneamente, per ovvie affinità.
Alla fine dalle parti della Moratti rimediano all’ignoranza con l’unica soluzione a breve termine possibile: improvvisano. E lo fanno male.

(Poiché qui si ha – nonostante miliardi di prove contrarie – fiducia nel genere umano, abbiamo anche provato a darci delle spiegazioni razionali. La soluzione più gettonata è che il canale Twitter della Moratti sia gestito da un gruppo di ciellini: gente che, per definizione, manca di senso dell’umorismo e non è esattamente pratica quando si orbita intorno a sesso e affini; ma devono essere ciellini che vengono da una valle molto isolata e disabitata, in cui non ci sono le scuole medie, grado scolastico in cui si abusa del termine “suca” e di tutte le sue derivazioni)

Secoli fa, nello storico ballottaggio per la poltrona di sindaco a Roma, quando ancora non erano alleati, Rutelli tirò uno scherzo simile a Fini, chiedendogli – in un confronto al Maurizio Costanzo Show – dove avrebbe collocato un museo minore, ignoto ai più.
Fini, evidentemente impreparato, abbozzò una risposta e Rutelli infierì, spiegando che la sua domanda era un trappolone e quel museo aveva già una sede da anni e che – come rimase negli annali delle battute – “Fini di romano ha soltanto il saluto”.

Il fenomeno di candidati e staff che non conoscono la città ha avuto manifestazioni patologiche a Torino, città in cui, fin dagli anni Novanta, la destra non è riuscita a candidare sindaco di Torino un torinese o anche solo una persona pratica della città o un residente da lunga data.
Nell’ordine ha candidato il leghista Comino (di Morozzo, CN), l’ex ministro liberale Costa (ras di Mondovì, CN), l’attuale sottosegretario transitato in FLI e poi tornato a riscuotere all’ovile berlusconiano Roberto Rosso (di Trino Vercellese, VC) e poi la magia della candidatura di peso: l’allora berlusconiano Rocco Buttiglione, gallipolino di nascita e forte di ben 4 anni di liceo (neanche tutti e 5) a Torino, mezzo secolo addietro.

Le cronache politiche raccontano il gran divertimento dei candidati sindaco del centrosinistra, pronti a spiazzare l’avversario con banali riferimenti topografici, la crisi dei candidati e del loro staff, perennemente col Tuttocittà in mano (non era ancora tempo di TomTom e GPS) e l’ansia di perdersi qualche mercato rionale, le perfidie dei taxisti “ma Piazza Vittorio o Corso Vittorio, dottò!?” e, in generale, un senso di Caporetto perenne (Caporetto, amici del PDL, non Cavoretto, quasi omonima borgata collinare di Torino, voi capire?).

In verità sotto la Mole siamo abituati a scenari di questo genere: anni fa Berlusconi pensò bene di fare un discorso in città. Riempì per metà un teatro coi suoi pensionati a libro paga e, nel tripudio generale, lesse un credibilissimo discorso sui problemi dell’area portuale. In effetti aveva ragione, Torino ha il problema più serio del mondo col suo porto: nessuno è mai riuscito a trovarlo, forse per il solitamente trascurabile dettaglio che qui non c’è il mare.

A fine giornata – di nuovo con molta calma, segno che i contenuti politici non sono esattamente il primo pensiero della destra nostrana – arrivò una placida smentita da Forza Italia: Berlusconi aveva enunciato a Torino lo stesso discorso che aveva letto a Genova pochi giorni prima, tanto – parole sue – “sono città simili”. Ovvero città del Nord che non hanno abboccato al berlusconismo e che sono piuttosto fiere di non avere nulla da spartire con la Padania.

12 comments

  1. L’account della Moratti, a sentire http://www.whendidyoujointwitter.com , è di febbraio ed è stato inutilizzato per quasi tutto aprile (comparivano automaticamente i link ai nuovi post sul sito della Moratti e nulla più). Governa da 5 anni e di fatto ha trovato giusto dialogare coi cittadini – per interposto elfo – solo in campagna elettorale.

  2. Spunto interessante.
    Per dovere di cronaca, l’account twitter di Letizia Moratti non è stato aperto dopo le elezioni, ma molti mesi prima (se non erro, fine gennaio). Per il ballottaggio, avendo licenziato la vecchia agenzia, chi li ha sostituiti ha introdotto il sito web mirispondi.it, riportando il logo e l’iniziativa su twitter, facebook, foursquare e youtube.

  3. Gran bel post, me lo ha linkato un amico da altre parti e credo lo linkerò a mia volta perchè è giusto che un fail così epico abbia la risonanza che merita.

    Peraltro mi ha commosso e anche fatto sentire un pò orgoglioso l’ultimo paragrafo perchè io sono di Genova XD

  4. Tutto fantastico, in particolare l’aneddoto su Berlusconi e l’area portuale. Chissà se avrà ipotizzato che Torino avesse, come per i Navigli, una sorta di darsena. Che poi, in fondo del porto di Genova si può dire che è afflitto perennemente da scarsità di spazio verso l’entroterra; se vi fosse un porto a Torino, non se ne potrebbe forse dire lo stesso?
    Ecco.

  5. E’ vero, qui non c’è il mare, ma… abbiamo qui la fabbrica più grossa d’occidente
    abbiamo anche il padrone screanzato e prepotente abbiamo grandi piazze dove andiamo a passeggiareabbiamo una collina con le ville dei signori abbiamo dei quartieri straboccano i bollori abbiamo un grande stadio dove non si vede niente abbiamo strade dritte che ci portano ai confini abbiamo cioccolate e gianduiotti sopraffini abbiamo gran castelli costruiti dai monarchi abbiamo dei cadaveri nei parchi abbiamo dei musei con le mummie e i faraoni abbiamo gli atenei che somigliano a prigioni abbiamo dei trasporti che si muovono lenti abbiamo un fiume sporco dove non ti puoi bagnare

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