Visto che Luca ha lanciato il sasso nello stagno elencando quelle che per lui sono le canzoni più tristi in assoluto, ecco qui per un sano ripple effect i miei 2 cents e qualche dritta per farsi venire il magone musicale.
Sì, perché si sa che non c’è niente di più bello (e risolutore) che essere di cattivo umore e contagiare il prossimo.
Mi sono fatto l’idea che il musicista italiano più triste in assoluto sia stato Piero Ciampi. Sì, un po’ perché era alcolista e ogni concerto finiva in rissa col pubblico e perché i suoi dischi erano incredibilmente dei flop, nonostante fosse un poeta vero. Ma soprattutto perché aveva la capacità di fare canzoni sulle situazioni e i sentimenti più tristi, umilianti e desolanti. Si ficcava in dei gineprai di contenuto incredibili e ne veniva fuori con grazia. Sempre.
Se penso ad una canzone come “Adius“, che ritrae la scena di un uomo che, facendo la voce grossa e facendosi ridere dietro, tenta l’ultimo assalto disperato ad una donna che se ne sta andando per sempre, l’Oscar per l’esperto in martirio musicale è bello che servito. (e ditemi voi se non è un poeta immenso uno che scrive il verso “la tua assenza è un assedio” e lo butta lì in una canzone)
Però il meglio Ciampi lo dà con una canzone minore (cioè sono tutte minori, ma questa ancora di più, nonostante sia musicata in modo strepitoso dal suo compare Reverberi).
Si intitola “Confesso” e per qualche assurdo misunderstanding spesso è citata come brano pacifista.
Invece è un brano sull’inerzia, sull’attendismo, sul fallimento, sul rimpianto. Agghiacciante e bellissimo. Merita un ascolto e una lettura del testo.
Io confesso
che non ho fatto la guerra
ed ho parlato alla gente
come se fossi un eroe.
Confesso:
ho parlato per anni
perché qualcuno capisse
quello che sento.
Stasera ti confesso.
che sono entrato in un porto
ed ho cercato una nave
che mi portasse lontano.
Non voglio più vedere le cose
che mi hanno fatto sentire questo silenzio.
E sappi che per me
passerai la vità così ad aspettare.
Stasera ti confesso:
non ci capisco più niente,
io voglio solo dormire
per non vedere nessuno.
E’ tardi per pensare all’amore
e per andare sui monti
a parlare col sole di noi due
e per svegliarsi al mattino
con la pace nel cuore.
Una vita ad aspettare, una ricerca vana e pavida di una nave che porti lontano: ricorda George Gray dall’Antologia di Spoon River, forse una delle “lapidi” più tristi in assoluto.
Se vi viene un inestricabile nodo alla gola, mandatemi un’email: ormai mitridatizzato alla melancolia del livornese risolvo casi simili in remoto, stile Giucas Casella.
E ALL’ESTERO?
Valicando i confini nazionali, la scelta si fa ancora più ampia. Ci sono veri e propri professionisti della canzone triste, alcuni cialtronissimi, altri strepitosi. Tra questi ultimi il pluricitato Nick Drake.
Sì, lo so, è una scelta banale. Ma che ci posso fare se alla fine, per quanto uno scavi negli archivi e nella memoria, la palma (di plastica, ovvio) del più triste spetta a lui?
Con Nick Drake c’è l’imbarazzo della scelta.
Il suo pezzo più triste in assoluto per me è “Strange Meeting II” (qui il testo), in cui su uno dei più potabili tra i suoi complicatissimi giri di arpeggio acustico (riesco a suonarla perfino io, ma se la suono non riesco a cantarci sopra senza impappinarmi e non è necessariamente un male) racconta di una sua passeggiata notturna in riva al mare, l’incontro con una “principessa delle sabbie”, muta ma con occhi da cui traspira “l’eco di mille singhiozzi”, una passeggiata fianco a fianco in un silenzio consapevole, comune. E poi più niente: lei sparisce improvvisamente, senza spiegare. E Nick, evidentemente cugino del “lui” di Marinella di De Andrè, ogni notte torna sulla spiaggia a cercarla tra la sabbia, invano.
Certo che tra Piero Ciampi, etilista, morto giovane di tumore, e Nick Drake, depresso, timidissimo e morto verosimilmente per overdose di farmaci contro la depressione, c’è da riflettere sul fatto che una vita grama contribuisce alla tristezza delle canzoni. O forse influenza il giudizio di noi ascoltatori.
Quel che è certo è che Jackson C. Frank, innegabilmente il musicista più sfortunato e sofferente al mondo (se cliccate sul suo nome potete leggerne la biografia, ma preparate i Kleenex), su cui la vita si è accanita con sadismo fantozziano, ha prodotto “Dialogue”, una delle canzoni più tristi al mondo, per i miei gusti, con l’aggravante di essere una canzone assolutamente ignorata da tutti.
L’hanno riscoperta i Daft Punk, che chissà per quale motivo si sono messi a ravanare tra dischi minori di folk americano anni Sessanta, finendo per usarla come colonna sonora della meravigliosa scena finale del loro film “Electroma”.
Una ciliegina di lacrime sulla torta, insomma: uno dei brani più tristi al mondo come testo e musica, prodotto da uno dei musicisti più sfortunati della galassia (se non il più sfortunato), usato come triste sequenza conclusiva di un film a sua volta tristissimo e senza speranza.
Il video è qui, valutate se e quanto reggete i lacrimoni, sapendo che sono ben spesi. Il testo è qui, bello nella sua circolarità e vagamente (…) disperato.
Dopo tutto questo, credo sia d’uopo tirarsi su il morale in qualche modo. Io normalmente lo faccio leggendo il blog di Paolo Guzzanti (è il più bravo, in famiglia, mi spiace per i suoi 3 figli), ma in nome del relativismo lascio a tutti libertà di scelta.
Se, invece, volete rincarare la dose, direi che potete farvi un bel giro su “Summer’s Almost Gone” dei Doors, che nella sua semplicità ha uno dei titoli più tristi al mondo. E come molti canzoni tristi è bellissima.
Attualmente me ne vengono in mente due:
– Il Corvo (Luberti per MINA);
– La Città senza donne (Vecchioni e Paoluzzi per Vecchioni).
Atmosphere – Joy Division
Ah, io sono una delle maggiori esperte mondiali di canzoni tristi!
“Albergo a ore” – H. Pagani
Ciao a tutti.
Bella idea, quella di scrivere delle canzoni più tristi, del resto la tristezza è un sentimento utile e degno quanto la felicità.
Le mie piccole e grandi segnalazioni partono da “Day Is Gone” del grande Nick Drake, una canzone che ti fa gelare il sangue nelle vene:
When the day is done
Down to earth then sinks the sun
Along with everything that was lost and won
When the day is done.
When the day is done
Hope so much your race will be all run
Then you find you jumped the gun
Have to go back where you began
When the day is done.
When the night is cold
Some get by but some get old
Just to show life’s not made of gold
When the night is cold.
When the bird has flown
Got no-one to call your own
Got no place to call your home
When the bird has flown.
When the game’s been fought
Newspapers blow across the court
Lost matches sooner than you would have thought
Now the game’s been fought.
When the part is through
Seems so very sad for you
Didn’t do the things you meant to do
Now there’s no time to start anew
Now the part is through.
When the day is done
Down to earth then sinks the sun
Along with everything that was lost and won
When the day is done.
Poi vorrei segnalarvi una piccola e preziosa perla, “Waltz #1 di Elliott Smith:
Every time the day
Darkens down and goes away
Pictures open in my head
Of me and you, silent and cliché
All the things we did and didn’t say
Covered by what we did and didn’t do
Going through every out I used to
Cope to make the repetition stop
What was I supposed to say?
Now I never leave my zone
We’re both alone, I’m going home
I wish I’d never seen your face.
Quando venni a conoscenza del suo suicidio, ricordo che piansi. Accesi il lettore e misi a suonare questa canzone, piano piano, a ripetizione continua per tutta la notte, andai a letto, abbracciai la mia ragazza e ci addormentammo pensando ad un’anima in pena che ci aveva regalato emozioni così uniche, senza che avessimo potuto fare nulla per lui, neanche applaudirlo a un concerto.
Il suo ultimo album vero, uscito postumo, “From a Basment on a Hill” è di una bellezza struggente. Ma triste. Molto triste.
Ci sono tanti segni di quel male di vivere, di quel desiderio di farla finita che mi chiedo come dev’essere stato vivere accanto a lui in quegli ultimi tempi: sapere che la persona che ti vive accanto sta gettando la spugna e che non riesci ad aiutarlo.
Beh, il tema della mestizia è allettante.
Due segnalazioni: sempre di Piero Ciampi “Disse: non dio, decido io”, che così recita:
Da un marciapiede all’altro
decise all’improvviso
di incontrare ad ogni costo e subito
la sognata pace.
Nessuno nei suoi occhi,
niente nella memoria,
il volto spietato,
piegò le ginocchia nell’ultima attesa.
Le mani attaccate al selciato,
il cuore, malgrado che sapesse,
batteva indifferente,
nella testa la paura
di non avere la forza di scattare
al momento decisivo.
Ormai fuori da tutto
decise di concedersi
un’altra tregua sul marciapiede tutto suo,
sotto un sole solo suo.
Quando si lanciò, un’automobile
lo colse all’altezza della vita
ai piedi di una statua
chiudendo per sempre tutta la sua stanchezza
presente e passata in mezzo metro quadrato.
Ritornato il silenzio
Dio si assicurò che fosse morto.
Lo era ormai per sempre
lasciando su questa terra un dolore
in più.
Fra i molti possibili stranieri, Bonnie Prince Billy / Will Oldham mi sembra abbia parecchio da dire, a partire da “You have cum in your hair and your dick is hanging out” alla (per me) splendida “I see a darkness”, cantata anche da Johnny Cash:
Well, you’re my friend, (that’s what you told me)
And can you see (what’s inside of me)
Many times we’ve been out drinking
And many times we’ve shared our thoughts
But did you ever, ever notice, the kind of thoughts I got
Well you know I have a love, a love for everyone I know
And you know I have a drive to live I won’t let go
But can you see it’s opposition, comes arising up sometimes
That it’s dreadful antiposition, comes blacking in my mind
And then I see a darkness
And then I see a darkness
And then I see a darkness
And then I see a darkness
And did you know how much I love you
Is a hope that somehow you, you
Can save me from this darkness
Well I hope that someday buddy
We have peace in our lives
Together or apart
Alone or with our wives
And we can stop our whoring
And pull the smiles inside
And light it up forever
And never go to sleep
My best unbeaten brother
This isn’t all I see
Oh no, I see a darkness
Oh no, I see a darkness
Oh no, I see a darkness
Oh no, I see a darkness
And did you know how much I love you
Is a hope that somehow you, you
Can save me from this darkness
L’emblema della tristezza, per me, è “Signor Tentenna” della Consoli. Non riesco a non commuovermi quando parla del cane che scodinzola attendendo il privilegio di una passeggiata…
L’emblema della tristezza, per me, è “Signor Tentenna” della Consoli. Non riesco a non commuovermi quando del cane che scodinzola attendendo il privilegio di una passeggiata…
Fenomeno.
se non siete abbastanza tristi consiglio il muxtape tutto al femminile di locusta:
http://locusta.muxtape.com
anche le donne piangono
Una canzone splendida e tristissima (che mi fa letteralmente venire il magone quando la ascolto, e l’ascolto spesso perchè mi piace da morire) è “Il dilemma” di Giorgio Gaber…
beh, visto che hai associato canzoni tristi a vita triste, io ci aggiungo il mio gruppo feticcio: Joy Division (no, non nominatemi i New Order!). La canzone più triste per testo è probabilmente la famosa Love Will Tear Us Apart, mentre per la musica forse Atmosphere.
Una citazione d’obbligo però va anche ai God Machine. Una band formata dagli unici Californiani tristi del mondo 🙂 che infatti dalla California si trasferirono in Inghilterra. Se non è triste questo! Come se non bastasse, a dare un ulteriore tocco di tragicità, il bassista muore all’iprovviso di tumore al cervello.
Come riferimento musicale citerei “Purity” dal loro primo (di 2) album.